Taranto: il mio InCanto

Ci serve pure d’arrivare lì per ripartire nuovamente…

Non sarai mai realmente finito

finchè avrai una storia da raccontare

e qualcuno disposto ad ascoltarla…

 

E’ con un lieve senso di disagio che mi siedo alla tastiera: le emozioni e i ricordi premono per essere fermati, temono il passaggio di ogni istante che vorrebbe portarli via e le parole si ritengono troppo fragili per aiutarli in questo compito… Ma il bisogno di scrivere sta prendendo il sopravvento e con esso il desiderio di arrivare in fondo a questa pagina…

Il mio primo pensiero va a M., il mio "principe", che ha fatto il possibile e l’impossibile per regalarmi questo sogno e l’ha vissuto accanto a me, con la stessa gioia e lo stesso desiderio che non finisse mai. Il resto dei miei pensieri cercherò di tenerli ordinati, pur sapendo che non so se ne sarò capace…

Taranto, 16 novembre 2001

ore 19.30: Siamo finalmente davanti all’ingresso del teatro Orfeo: due piccole locandine in bacheca e già tanta gente in attesa di entrare. Tutto comincia a "sembrare vero"… Nervosa scaldo le mani nelle tasche e ascolto i commenti della gente: "Ricordi l’altra volta che è venuto a Taranto all’Ippodromo? Io ero in quinta fila…" "Sì, certo ma io l’ho rivisto il mese scorso al raduno!" La guardo: è una donna di mezza età con il pass del CLAB fieramente legato al collo. "Vedo se mi fanno entrare per le prove…" Ah già i Clabber hanno questa opportunità… Ma perché non mi sono ancora iscritta? Domani, sì domani lo farò…

Continuo a guardarmi intorno: c’è un’altra donna che stringe fieramente un bouquet di rose rosse e spiega a qualcuno che tenterà di farle avere a Claudio. Mi rendo conto che io a Claudio non ho portato nulla, né ho mai pensato che qualcosa di mio potesse fargli piacere… In fondo sono venuta qui con l’idea di ricevere, di ricevere una delle emozioni più grandi che potessi immaginare e non con la presunzione di poter ricambiare…

Ore 20.00: Via Pitagora continua ad affollarsi di gente e di macchine… Tendo l’orecchio alla porta nella speranza di poter udire delle note familiari, mentre qualcosa che potrebbe anche somigliare ad autosuggestione, mi convince di avere sentito un pianoforte…

Ore 20.30: Le porte del teatro si aprono, con orgoglio mostriamo i nostri biglietti, trofeo di una caccia convulsa di qualche settimana prima e guadagniamo l’ingresso alla platea… Che meraviglia! Il teatro è piccolissimo e l’atmosfera è decisamente raccolta: sarà come avere Clà ad una piccola festa privata o "nel nostro tinello di casa"!

Ore 20.45: Non resisto, chiamo la mia più cara amica, le dico che sono felice, che sono un po’ nervosa, che le farò ascoltare Pace per telefono, anche lei condivide la mia emozione e mi augura di cuore una buona serata. Una buona serata, non potrà che essere così…

Ore 20.58: La gente corre a sedersi, le luci si spengono, una voce invita a spegnere i cellulari e a non usare macchinette fotografiche o videocamere (in pochi l’hanno ascoltata, per fortuna!).

Ore 21.00: Mi fermo per un mio personalissimo lungo istante a riflettere: è uno dei momenti che avevo sempre immaginato e uno di quelli che avrei sempre ricordato. È buio intorno a me, cerco gli occhi lucidi di M., gli stringo la mano, un crescendo di effetti sonori, accompagna la lenta apertura del sipario su di un palco buio. Poi una lieve penombra mi lascia intravedere i contorni noti di una scenografia ripresa da mille foto, il sole, la luna, il mare e le stelle, e un lungo meraviglioso pianoforte a coda, avvolti in una luce d’argento, come…, come i capelli di Clà.

Sì è lui è proprio lui, con il suo impeccabile e attillatissimo completo nero, la sua schiena fiera, le sue braccia forti e le mani bianche che iniziano a toccare la tastiera. Sono le note iniziali di Acqua dalla luna a darci la prima percezione sonora di quel momento unico e irripetibile… il pubblico non trattiene l’applauso e i primi (di una lunga serie) di complimenti urlati… Io sorrido felice, continuo a guardare verso il palco attraverso un velo di lacrime e mi concedo un lieve applauso in punta di dita… per non disturbare…

In un battito d’ali il pezzo è finito, ma io ho ascoltato ben poco: per la prima volta ho sentito il suono delle sua voce, autentica e tridimensionale come il suo corpo… Claudio si alza e s’inchina al suo pubblico con l’eleganza di un cavaliere romantico…

Le sue prime parole un po’ rauche e impacciate "…Grazie moltissime…"

Giurerei che fosse emozionato… non quanto noi, impegnati in un applauso lunghissimo, ultimo sfogo di una gioia incontenibile.

Comincia a raccontare dei motivi di questo concerto "singolare", via via la voce si schiarisce, per poi incrinarsi lievemente, nel ricordare il padre a cui dedica tutto ciò che questa sera suonerà.

Parte Pace… respiro le prime parole… richiamo la mia amica… non le parlo, ma spero che stia ascoltando, che la comunicazione non s’interrompa, che la ricezione sia buona: non riesco a guardare il telefono per controllare, sono rapita:è la mia canzone preferita, specie in questi giorni…

Ed io ti chiedo perdono se

 fratello a volte tu mi hai fatto male…

Una volta l’ho dedicato proprio a lei questo verso: chissà se se lo ricordava…

Pace a te per quello che mi hai dato

E per tutto ciò che tu non mi desti mai…

Guardo M., lui sa bene a quale momento della nostra vita sto pensando…

È trascorsa troppo in fretta la tua Pace, Clà…

Piango un po’ e spero con tutto il cuore di riuscire a conservare inalterati questi momenti, già spero in un disco, in un video…

Lui si alza in piedi, s’inchina, ringrazia nuovamente e torna a sedersi al piano per raccontarci un’altra storia…

Ci parla del suo pianoforte, dei sacrifici fatti per acquistarlo, del suo buffo maestro di musica, con il fascino e l’ironia di un consumato show-man, che lo accompagneranno fino alla fine dello spettacolo: spesso è impossibile trattenere le risate e non perdersi nel suo sorriso così tenero e intrigante, rivolto a tutti e svelto nel giungere al cuore di ognuno…

Ripensando al suo primo pianoforte, "nato" a Boston esegue una stupenda versione jazz di Un po’ di più.

Altre canzoni si susseguono intervallate da racconti personali e battute di spirito, fino ad arrivare a Il sole e la luna (che ho scoperto con gioia quella sera!) e la splendida Ragazze dell’est, così vicina alla versione contenuta in Acustico che ho fatto risuonare nelle mie cuffiette centinaia di volte!

È stato allora che ho cominciato a pensare che, forse, tutto ciò che nella mia vita era accaduto prima di quel momento aveva l’unico scopo di portarmi fino a lì, di farmi approdare a quel momento magico, in cui sentivo che tutto aveva raggiunto un grado di perfezione tale da superare anche il sogno e la sua imprevedibile capacità di interrompersi.

Per quanto la felicità fosse più veloce del tempo, sapevo che ancora per un po’ nulla e nessuno avrebbe potuto spezzare l’ incanto…

Ed è stato con questo spirito di estasi consapevole che ho vissuto il resto della serata, cercando di goderne ogni istante, sperando di ricordare ogni emozione, accorgendomi di vivere momenti specialissimi, che fino a poche ore prima avevo soltanto potuto "invidiare" ai carissimi compagni del mio WEBviaggio quotidiano (un bacio a Stefina che ho finalmente conosciuto, anche se per pochi istanti!). Ho ripensato ai loro commenti sulla nuova esecuzione di Fammi andar via, sulla tanto acclamata (a ragione!) Signora delle ore scure, alla grande grandissima emozione che ora ci avrebbe accomunato nel ricordare assieme ancora una volta la toccantissima esecuzione di Buona fortuna

Ho ricordato la polemica dell’anno scorso, seguita alla richiesta di Claudio di prestare più attenzione alle sue canzoni e di non rendere tutto un grande karaoke e mi sono trovata spesso in bilico tra il naturale bisogno di ascoltare esclusivamente la voce di Clà e la sempre più crescente voglia di imbavagliare tutti coloro che, invece, ritenevano più opportuno fargli sapere che conoscevano a memoria le sue canzoni (come se fosse un merito da guinness!) improvvisandosi in cori spesso inopportuni.

Credo proprio che neanche noi tarantini abbiamo saputo esaudire il suo desiderio…

Ma, pazienza, non sarà questo dettaglio a sminuire la dolcezza dei miei ricordi…

Dolci come l’ultima immagine di Clà, prima che si chiudesse il sipario…: in piedi al margine del palco, ad un passo da chi gli era andato incontro per guardarlo da vicino, per stringergli la mano, per consegnargli una lettera e la bella speranza che con quella gli leggesse nel cuore…

… Resterà per sempre così Claudio nei miei pensieri…:

bello, bello non solo nei fianchi snelli e nei muscoli scolpiti, ma soprattutto nella saggezza dello sguardo, nel sorriso semplice e nel braccio teso a salutare, con emotività incredula, tutti noi che eravamo lì a dirgli quanto… gli vogliamo bene!

E calerà la fine in questo cine senza schermo

Io e te come in un fermo immagine

Attori e spettatori…

 


                
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