Questo Piccolo Grande Piano 

la musica di Claudio nelle magiche mani del pianista Danilo Rea


"Il musicista ritrovò la musica sua sola sposa,
la musa allora ritornò al suo museo".

Quel piccolo grande piano,
fermo nella culla di un paesino toscano,
si incamminò aggrappandosi all'asfalto dei sentieri.
Faticò per poter salire e posarsi sul giardino surreale che avrebbe fatto
suo, quella sera.
Gli sarebbe appartenuto l'intero ambito che lo circondò.
Il piano, incredulo, si trovò dinanzi ad una visione sublime.
Le stelle, già curiose, cominciarono a sporgersi,
sagome di monti scure, come statue, lo osservarono dal basso e
lui quasi a disagio, smarrito alle porte di un'antica chiesa, la stessa che
gli avrebbe fatto da spalla, cedendo la sua facciata. L'aria lassù evocava
l'essenza dell'origine e della nostalgia.
Si cinse ed attese solo le mani che avrebbero restituito a lui la sua voce.
Il musicista, affascinante, con classe salì sul palco, salutò, si avvicinò
al piano, accarezzandolo appena,
si sedette e decise la musica...
Danilo Rea... uno dei più grandi solleticatori d'avorio.
La danza fu affidata a Francesca Sani che sensuale ed espressiva sembrò
quasi che cantasse.
La timidezza del musicista e del suo compagno si fece da parte ed il jazz,
unendo i due in un unico sapore, entrò senza bussare.
La musica di Claudio Baglioni in un abito raffinato.
Spiritosa e triste quasi nello stesso tempo.
Le canzoni zampillarono sui tasti e così "Avrai" inseguì "Acqua nell'acqua"
e questa "Le vie dei colori"...
E "Fammi andar via",
struggente, danzò in sottovoce, impregnata nella prigionia dei polzi di
Francesca. Quei polzi che supplicarono i tasti, sudici di dolore, di alzarsi
e tacere.
A volte melodie, come camaleonti, persero l'autore per incontrarne uno
nuovo, così, quasi impazzendo di gioia, il piano improvvisò Cenerentola e
Mary Poppins...
Ma non fù per caso, quelle mani pesanti di maestria,
spontanee e sapienti erano immerse nella fantasia che è l'anima del jazz.
Come il jazz è la fantasia della musica intera.
"E suonavamo il ragtime, perchè è la musica su cui Dio balla, quando nessuno
lo vede. Su cui Dio ballava, se solo era negro".
La mano destra del musicista in primo piano, la mano della melodia. Mi
stupì, la osservai mentre frenetica batteva con vigore folle sui tasti, una
potenza che riuscì ad abbandonare in un istante, in un solo attimo che quasi
il tempo si fermò e la mano assunse dolcezza e grazia assurde,
commoventi,
più forti della forza,
capaci a quel punto, gonfio di emozioni,
di strappare bruscamente le lacrime dal petto. La fissai a lungo
per rubarla al piano e non restituirla mai più.
Il freddo pure si scaldò e pianse. Il vento volò pazzo fra le schiene,
divenne partecipe, neppure troppo silenzioso, si trasformò nell'angelo
biondo ed il suo suono somigliò alla tromba di Chet Baker.
E poi "Domani mai", "Reginella", "E adesso la pubblicità", "Noi no"... che
solo Danilo, con un pensiero, potè sfiorare e mutarle in meraviglia.
Si volta pagina e mentre i titoli di coda già invadenti si marcano, rimane
solo il tempo per un'ultima esibizione:
"anche chi dorme in un angolo pulcioso
coperto dai giornali,
le mani a cuscino..."
Accadde anche quella sera che la fottuta parola "fine" si scrisse.
Terminò così la sinfonia della Bellezza.
Un'amarezza ancora da sbucciare mi invase.
Il piano stanco riposò, ancora smanioso di jazz.
Un sogno da dormire ancora.
La mia mano destra si arricchì di una nuova presenza, quella di un grande
pianista jazz dal nome Danilo Rea, già disegnato sul foglio più artistico
della Musica.
E a chi sostiene che occorre una vita per conoscere, dico che pure una
stretta lascia passare sensibilità, basta fermarsi, ricevere ed ascoltare e
quell'uomo già suonava un grande piano dietro ai suoi occhi.
Il mio limite è qui perchè quelle note non possono essere spiegate,
solo accolte...

                                                                                                 Tiziana.


                
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